Il 25 aprile si festeggia il giorno della liberazione grazie alla lotta di resistenza di migliaia di compagni e compagne che con le loro azioni, le loro rivolte, le loro barricate, sacrificando anni della loro vita, e spesso la vita stessa, hanno deciso di ribellarsi e così distruggere l’oppressione nazi-fascista.
C’era la necessità, l’intima inevitabilità di cambiare lo stato di cose per costruire un nuovo paradigma e sistema non più basato sulla dittatura, sulla discriminazione e sulla violenza, perché nessuna differenza poteva e può giustificare la distruzione di interi popoli. Questo almeno tra gli umani. Ed oggi?
Oggi continua a persistere un sistema basato sulla gerarchia e lo sfruttamento (e forse nemmeno le vittime sono cambiate). Infatti, se durante l’invasione nazi-fascista le vittime erano principalmente ebrei, rom, omosessuali, oppositori politici e disabili, oggi le vittime sono gli animali non umani (nonostante anche durante il periodo del ventennio anche questi ultimi condividevano, con gli internati umani nei campi di concentramento e sterminio, gli stessi luoghi). Inoltre, lo sterminio di animali non umani è iniziata molto prima di quello degli umani, producendo numeri di vittime ben superiore rispetto a quello che ha prodotto la dittatura nazi-fascista; e lo stesso sterminio è continuato dopo la caduta del regime e continua ancora oggi. Basti considerare che, nonostante non si possa avere una stima esatta dei numeri, ogni anno in media, per difetto, vengono uccisi, solo per scopi alimentari, 170 miliardi di animali non umani; sempre per difetto, si stima che per la sperimentazione animale vengono uccisi 150 milioni di individui non umani ogni anno; altri milioni e milioni di animali non umani restano vittime di caccia, pesca, combattimenti, o per la produzione di lana, seta, pelle e pelliccia.
Cosa dire poi dei metodi di sterminio dei quali è impossibile non vedere l’identicità tra quelli nazi-fascisti e quelli specisti? Innanzitutto partiamo da un fatto inequivocabile: lo sterminio nei campi durante il nazi-fascismo non è stata un’invenzione di Hitler, ma quest’ultimo è stato indotto dopo avere conosciuto i metodi di sterminio utilizzati nella Union Stock Yards, inaugurato nel 1865 a Chicago, e che ha fatto di questa città il centro americano dell’industria della carne. Questo è stato il primo utilizzo di uccisione di massa di animali, pensato per metodi di sterminio su larga scala, altamente automatizzato e tecnologicamente avanzato, e basato sulla catena di montaggio. Tant’è che lo stesso Henry Ford, il quale erroneamente viene identificato come l’inventore dei metodi di produzione attraverso la catena di montaggio (questo è vero solo in relazione alla produzione delle automobili), nella sua autobiografia afferma che l’idea gli è venuta a seguito di una visita alla Union Stock Yards. Successivamente Hitler, il quale considerava Ford il suo eroe tanto da essere l’unico statunitense ad essere citato nel Mein Kampf, non solo venne lautamente finanziato dal magnate americano per il progetto di eugenetica in Germania (anche questo ispirato dal progetto di eugenetica statunitense), ma prese ispirazione proprio dai metodi utilizzati dai mattatoi di Chicago.
C’è però da fare un chiarimento: non voglio parlare solo dei metodi alla base degli stermini di umani e non umani, ma dei motivi. Le idee che dividono l’olocausto umano da quello non umano sono diversi: se la persecuzione nazi-fascista vedeva in un determinato umano il nemico da annientare, e la cui eliminazione era il fine ultimo che spingeva la dittatura ad agire, dunque una volta eliminati i “sub-umani”, così venivano chiamati, non ci sarebbero più stati problemi per la “razza ariana”, lo sterminio di animali non umani si inserisce invece in un concetto ben più ampio all’interno di un’idea consumistica della società attuale, ma entrambe, ossia l’idea dello sfruttamento di umani e quello dei non umani, affondano le loro radici nella preistoria e, più specificamente, nella gerontocrazia prima e nel successivamente nel patriarcato, ovvero alla base di quella che è stata forse la prima forma probabilmente inconsapevole di gerarchia. Per questo, se c’è qualcosa che accomuna lo sterminio nazi-fascista e quello specista, non è il fatto di essere ideali gerarchici a sé stanti e consequenziali, ma il fatto di essere gerarchici e, dunque, accomunabili ad ogni altra gerarchia: mi riferisco alla falsa idea secondo cui lo sfruttamento di altri popoli, umani e/o non umani, è necessaria alla sopravvivenza, alla falsa concezione che la gerarchia non solo è importante, ma fondamentale. La gerarchia ha così prodotto il razzismo, l’omostransfobia, il sessismo, il classismo e il capitalismo, e l’utilizzo dei copri e delle menti degli animali non umani e degli umani e, volendo tornare al nazi-fascismo, di tutte le vittime dell’oppressione hitleriana, mussoliniana e franchista, rappresenta la messa in pratica dell’ideale gerarchico.
Ciò che conta perciò, è capire quanto la gerarchizzazione della società sia la base comune su cui poggiano tutti domini, e non che il nazi-fascismo nasce dallo specismo: se ci limitassimo a parlare dei metodi di sterminio, non ci si potrebbe facilmente opporre a chi sostiene che l’analogia è cosa chiara – mi riferisco all’utilizzo dei campi di concentramento, oggi allevamenti, quelli di sterminio, oggi mattatoi, il trasporto verso questi, principalmente su tir e treni in cui gli animali vengono ammassati gli uni sugli altri per ore e ore, lasciati senza mangiare e bere; all’utilizzo delle camere a gas con cui anche in Italia, dove gli allevamenti di animali uccisi per la produzione di pellicce si trovano in Veneto, Emilia Romagna e Lombardia, lo si utilizza per sterminare migliaia di animali a cui poi verrà tolta la pelliccia; oppure uno dei metodi più diffusi per lo sterminio di pulcini è quello di fare loro respirare principalmente il diossido di carbonio fino alla loro morte, e ancora vedi il caso noto che riguarda Tommaso Pagliani, direttore dell’ormai chiuso centro di ricerca Mario Negri Sud di Santa Maria Imbaro (CH), che ha ucciso attraverso il gas centinaia di cavie che il centro non poteva più permettersi di mantenere –, ma se invece il discorso si concentrasse sulle cause, allora dovremmo parlare della costruzione della gerarchia, non limitandoci alle immagini che mostrano i metodi attraverso cui l’idea di gerarchia diventa pratica.
Dunque, lottare per la liberazione dall’oppressione di una dittatura è certamente fondamentale, ma sarà sempre incompleta fintanto che la questione rimane solo una lotta umana; non solo, sarà soprattutto la radice per la costruzione di altre gerarchie con cui dovremmo fare i conti.
Infatti, come ha ben detto la compagna Libera Bonaventura nel suo articolo pubblicato su UN il 17 marzo 2017, se non si discute adesso del significato che vogliamo dare alla parola libertà, il movimento anarchico subirà forti divisioni e scissioni in quanto “nessun antispecista sarà disposto a vivere in comunità “orizzontali” dove anche un solo animale non umano continuerà ad essere dominato, sfruttato e schiavizzato e dove la libertà e il diritto ad essere libero dalla sofferenza andrà solo a vantaggio della specie umana”. Con questo si vuole dire che da un punto di vista totalmente liberazionista, la costruzione di comunità paritarie a antigerarchiche, non può prescindere dall’integrare l’idea della diversità non come divisa ma inclusiva, a meno che non si è totalmente consapevoli che la sconfitta della dittatura nazi-fascista, che in Italia festeggiamo il 25 aprile, altro non è che una parentesi ancora aperta di un nazi-fascismo ancora vivo e che quotidianamente ci ricorda di quanta strada abbiamo ancora da percorrere prima di liberarci definitivamente dalle catene dell’oppressione.
Nicholas Tomeo